Intervista a Mirko Giacchetti


L’incontro con Mirko è avvenuto per caso. Un post condiviso, un mi piace su Facebook e alla fine, dopo aver chiaccherato piacevolmente, mi ha concesso l’intervista. Questa però, è un’occasione in qualche modo diversa, perchè non solo è scrittore ma si muove anche con disinvoltura  nel mondo del grande schermo! E questa prima volta, non può passare di certo inosservata nel mio blog! Quindi leggete e godete della grande ironia di Mirko!

 

  1. Chi è Mirko Giacchetti?

“Mirko Giacchetti è uno dei tanti nomi con cui viene indicato il paziente della stanza 333. Rinvenuto presso la città di *** mentre deambulava in stato confusionale senza documenti. Attualmente ricoverato presso il manicomio di ***, il soggetto è spesso in stato catatonico. Questa condizione è interrotta da brevi momenti di lucidità nei quali recita davanti a una macchina da presa, fa lo speaker radiofonico e scrive anche articoli per Milano Nera. Sostiene di essere William Munny e con lo stesso nome scrive racconti che, stando a quanto dichiara, sono ricordi della sua vita fuori da queste mura. Da non avvicinare senza le dovute precauzioni.”

Estratto della cartella clinica dell’internato nella stanza 333.

  1. Quando hai deciso che l’arte sarebbe stata la tua vita?

Ho deciso di quale colore comprare la macchina, come vestirmi questa mattina e cosa rispondere alle domande di questa intervista ma in merito all’essere artista non sono mai stato interpellato. Ad esempio, quando smisi di credere nella religione non lo feci solo con un’alzata di spalle, ma comprai delle tempere e un pennello per dipingere i petali dei fiori nei vasi davanti alla chiesa. Quando il prete mi chiese cosa stessi facendo, gli risposi: “miglioro la creazione del tuo Dio”.

L’arte colma le lacune del divino e l’artista è quello che gioca a scacchi con l’altissimo.

  1. Nasce prima lo scrittore o l’attore?

Nasce prima il bugiardo. Perché scrivere e recitare è anche raccontare e inscenare menzogne. La cosa divertente è che più sei bravo e più ti fanno i complimenti.

  1. Che cosa ci puoi raccontare delle tue opere scritte?

Sappiate che ho la Sindrome di Joseph Grand, l’impiegato comunale di Orano presente ne La peste di Albert Camus, si tratta di un personaggio che per anni scrive e riscrive la prima frase del romanzo senza mai iniziarlo davvero. Molte delle cose che scrivo finiscono nel cestino, perché ho il vizio di dare retta all’insoddisfazione che siede sempre alla mia destra e che, molto saggiamente, mi consiglia di risparmiare agli altri delle pessime letture. Comunque, l’ultima cosa sfuggita alla pulizia del desktop è stata Scommessa a Memphis. Si tratta della scommessa fatta a Memphis tra il Diavolo e la Morte per rendere il mondo un posto migliore, puntando tutto sul futuro di un giovane e sconosciuto Elvis Presley. Nonostante l’apparenza non è solo un racconto horror ma qualcosa di più, molto di più.

  1. Come ti sei avvicinato al mondo del cinema?

Da che mi ricordo, ho sempre amato guardare film al cinema e alla televisione. Appassionato com’ero, cosa pensate abbia potuto rispondere più di venti anni fa quando Giuseppe Anderi, il mio professore di Italiano alle superiori, mi chiese di recitare una parte nel suo cortometraggio Liberi e Belli?

  1. Oltre a essere attore e scrittore ti occupi di altro?

Sì, infesto la rete scrivendo articoli e intervistando scrittori per Milano Nera. A proposito, complimenti per le tue domande. A breve dovrei finire a molestare altre persone attraverso la Radio… ma è ancora troppo presto per dare ulteriori dettagli.

  1. Parliamo del film uscito da pochi mesi, Fino All’Inferno. Il tuo ruolo sembra appartenere al cattivo di turno. È così?

In Fino all’Inferno il più buono ha la rogna, questo potrebbe essere il giudizio schietto e sincero della nonna country, personaggio immaginario da non confondere con la nonna rustica che di cinema ne sa poco o nulla. Il Dottor Di Caprio è tra i più cattivi.

  1. Dove possiamo incontrarti nei prossimi mesi?

A dicembre sarò al Noir in Festival in qualità di inviato speciale per Milano Nera quindi, se partecipate a qualcuno degli appuntamenti in calendario, potreste individuarmi tra la folla. Un altro luogo è un vagone del treno perché molto spesso dovrò andare a Milano per la trasmissione in Radio e per moderare alcune presentazioni letterarie. Per chi invece è più social c’è sempre Facebook.

  1. Regista con cui vorresti lavorare?

Quentin Tarantino anzi ne approfitto, se sta leggendo questa intervista sappia che sono disponibile.

  1. Ho fatto la stessa domanda a Roberto D’Antona: un aneddoto durante la lavorazione del film Fino all’Inferno?

Durante le riprese di una sparatoria in notturna in mezzo ai boschi del parco del Ticino, assieme a Stefano Pollastro – il direttore della fotografia – intorno alle due del mattino ci è toccato fermare una macchina sulla strada adiacente all’area delle inquadrature. In L/D production oltre che attore sono anche assistente di produzione, così ho la fortuna di essere sempre presente durante la lavorazione e, quando non recito, cerco di rendermi utile in diversi modi. Bene, quella notte per agevolare Roberto mi ero piazzato una fondina sulla cintura e tenevo io la sua pistola di scena quando non era necessaria… provate a immaginare la faccia dell’ignaro automobilista che, da una parte vedeva un sacco di gente armata e minacciosa e, a meno di un passo dal cofano, due altri tizi sconosciuti, di cui uno con tanto di semiautomatica, che gli impediscono di proseguire verso casa sua!

  1. Progetti futuri?

Fare di più, perché ultimamente sto battendo la fiacca. Vorrei leggere molto di più, smettere di dare ascolto alla mia insoddisfazione, non sfamare il cestino con quello che scrivo e impegnarmi per dare sempre il meglio sia come attore che come scrittore.

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